QUALI SONO I LIBRI CHE TI HAN CAMBIATO LA VITA – 1

 

Mumble… Certo stabilire con precisione quale libro sia stato più fondamentale che un altro non è facile.

Quando avevo 12 anni, un tizio forse convinto che i libri dovessero librarsi liberi (sarà stato un antesignano bookcrossing) scaraventò un dizionario di Latino dalla finestra. Il tomo, discendendo dal cielo come una manna, donò libertà a panni stesi, confuse le idee di una mamma, e pure le mie al piano di sotto mentre sperimentavo legge di gravità – io ho sempre amato la scienza – rilasciando saliva affacciato alla finestra. Il colpo fu secco. E quasi a premiarmi per la mia dedizione alla fisica mi rimase aperto in testa a mo’ di cappello, che se avessi avuto tanto di pergamena in mano e non la sola menata in testa, sarebbe stato come prendere laurea.

La corsa in ospedale fu talmente repentina – il mio caro papà amava me e la corsa – che in assenza di emergenza, il libro paga dei vigili avrebbe avuto un incremento di cassa. Giunsi all’ospedale. Appena entrai mi apparvero bende e garze e siringhe abnormi, e si udivano pianti e peti e atroci urla, da rendere nere le mie pagine di storia. Poi mi apparve la Madonna. Le pagine ritornarono al colore originario, bianco come la mia innocenza, si fa per dire, e si tinsero subito di rosso, come l’intimo che immaginai sotto al camice dell’infermiera: vero angelo sulla terra. Era bellissima. La sua voce modulava e accarezzava anima. Non parlava, cinguettava. Gentile e musicale come uccelli nella foresta. Immaginai le sue corde vocali vibrare armoniose come rami che danzano sfiorati dalla brezza. Il suo petto era in fiore. Le sue labbra due ciliegie. Dio! Come mi sarei arrampicato su quella pianta. Solo le sue mani non erano gentili: mi accarezzavano solo la testa. Decisi allora di estendere il mio dolore anche al collo e giù più ancora, ma senza nulla ottenere: l’infermiera era un angelo e non una quaglia. Mi accontentai quindi della visione e di qualche bacio sulla guancia, e da allora i miei sogni mutarono, persero ultima innocenza. Ecco, quel libro mi cambiò la vita.

Ma mi domando: quel libro lo si può contare? Forse no, non può contare: non era un libro di matematica. Ma allora quali libri cambiano veramente il destino di vita? I libri che s’infilano sotto al tavolo quando balla e ci rende incerta la pietanza? I libri che per apparire interessanti certuni donano a una fanciulla per cercar di impaginarla? O quelli che si lasciano invecchiare forse convinti che ne guadagni il sapore, su un comodino o su una mensola? No, questi no. Cambierebbero la vita di acari e non la nostra. Ma forse, anche la nostra. Non leggendoli, cambia la nostra possibile futura percezione della vita, rimanendo irrimediabilmente la stessa. Ma quali, allora? Quelli di cucina? Quelli contabili di un imprenditore se esaminati dalla finanza? Sono sempre più perplesso.

Credo che a me personalmente con i libri sia andata bene. A casa mia erano presenti quasi solo i fumetti, tantissimi, e quelli hanno le figure e talune anche sexy. È andata meno bene a un mio amico però. Lui sì che può dire che i libri gli han cambiato la vita; o almeno una parte. E individuando pure quali, e senza esitazione. Il poveretto si ritrovò obbligato a studiare geografia e anatomia del corpo umano in accaldanti pomeriggi d’estate, e non ricordo più quali altre materie, poiché bocciato in prima superiore. E mentre noi amici e la sua ragazza ci libravamo al mare, non di parole scritte ma volando incespicanti in secchielli e gambe al sole, da lui volavano solo sberle se non continuava a studiare. E le sue guance divenivano talmente calde e rosse di manate, e le nostre invece calde, gioiose e rosse, ma di sole. E mentre lui si atterriva per il destino beffardo noi a terra ci si buttava apposta per impanarci di sabbia. E tutti a correre poi sotto la doccia per veder la pelle riapparire. E la sua amata com’era bella da vedere. E noi maschietti tutti intorno a dimostrarle approvazione. Il suo boy non c’era, qualcuno lo doveva pur fare. Lui dal canto suo si bagnava di lacrime al sol pensiero, e di sudore. Gocce enormi sulle pagine gli cancellavano parole. E non gli hanno chiesto proprio quelle, poi, all’esame?! Riuscì a ripetere tre volte la prima superiore. Poi decise di lavorare. La sua ragazza nel frattempo lo aveva mollato, stanca di doversi far consolare.

Ma io dico! La geografia non la si può imparare viaggiando? Magari in autostop? In Bici o con lo Scooter, tenda e sacco e fino al mare? Senza fretta, tanto si va in vacanza e la parte più bella è proprio partire? O in macchina con mamma e papà, non è il massimo ma va anche bene, purché con le cuffie e la propria musica e non obbligati a sorbirsi la loro distorsione di vane parole! O meglio ancora in treni e nascosti tra il bestiame, come nei western, così si eviterebbero anche i libri sul mondo animale. E in aereo? Sarebbe perfetto: più librarsi di così! Insomma, va tutto bene: basta vivere e viaggiare! E poi diciamocelo: per l’anatomia, non può bastare giocare al dottore?

Ora vi lascio, mi son reso conto di aver detto un sacco di cavolate, prometto di cambiar vita, allargo quindi le braccia e… mi libro dal balcone. E se poi rinasco, magari, faccio l’allibratore.

Marco Testa

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